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mercoledì 20 febbraio 2013

RIVOLUZIONE CIVILE NEL VALLO DI DIANO



Conferenza stampa presso il bar Paladino a Sala Consilina.
A sinistra Loredana Marino, a destra Antonio Domini
Il 15 febbraio 2013 il camper di Rivoluzione Civile è giunto nel Vallo di Diano. Arrivato a Sala Consilina, (vedi servizio) ha sostato in via Mezzacapo. Un segnale: la politica ancora c’è, nonostante tutti i tentativi, da parte dei potentati del posto, di cancellarla o di utilizzarla a proprio uso e consumo. 


Il candidato alla Camera dei Deputati Antonio Domini e il segretario provinciale di Rifondazione Comunista Loredana Marino hanno tenuto una conferenza stampa presso il bar Paladino. Efficaci e coinvolgenti entrambi gli interventi. In un’intervista rilasciata alla stampa locale, Domini ha ribadito la necessità della riapertura al traffico della Sicignano-Lagonegro. E noi specifichiamo che parlare di necessità non è fare promesse, ma ribadire un’esigenza della collettività locale. Nell’entusiasmante intervento di Loredana Marino, d’altra parte, si è scorta tutta la capacità “rivoluzionaria” delle idee contenute nel programma di Rivoluzione Civile. In particolare,  la proposta del reddito minimo per le disoccupate e i disoccupati è stata spiegata nei dettagli come mezzo per svincolare tanti giovani dal “lavoro purchessia”, dallo sfruttamento, dall’assenza di prospettive, e tante famiglie dall’indigenza in questi periodi difficili di estrema crisi economica, politica e sociale. 

All'Ossario dei Trecento a Padula (SA).
La stessa Loredana Marino ha voluto portare e depositare all’Ossario dei Trecento a Padula una corona dedicata ai Trecento e a Carlo Pisacane. Proprio a Padula siamo stati raggiunti dalla triste notizia del lutto che ha colpito la cittadinanza di Buonabitacolo, cosicché - ancora scossi per la tragica scomparsa di un lavoratore - abbiamo voluto anticipare la nostra visita alla cittadina nella mattinata, avendo saputo della celebrazione del funerale nel pomeriggio. 


A Montesano Scalo
Avendo dovuto anticipare la visita a Buonabitacolo, abbiamo raggiunto con ritardo la località di Montesano Scalo dove ci attendava il Comitato per il no alla costruzione della stazione elettrica a Montesano Scalo. Ci siamo scusati (e ancora una volta ci scusiamo) per il ritardo. Abbiamo avuto modo di conoscere tante persone determinate. Ci siamo profondamente convinti, dopo quell’incontro, che la destinazione d’uso del territorio dovrebbe essere ben altra. E ci siamo anche convinti che, perché si possa realizzare un giusto utilizzo del territorio, bisogna necessariamente dare fiducia alle persone giuste. Il rapido passaggio per il boschetto paleo-palustre di Sassano, dove sono scomparsi circa 2000 metri quadrati di area boscata, ci ha rinsaldati in quella convinzione. Il ritardo accumulato non ci ha concesso di fare l’ultimo passaggio a Polla. La Rivoluzione Civile ha visitato il Vallo di Diano, lasciando un segno tangibile – si spera - della propria presenza. Infine, una promessa: questo è solo l’inizio di una presenza destinata a rimanere.

domenica 17 febbraio 2013

ATTI PUBBLICI

Sulla questione dei rifiuti illecitamente smaltiti in alcuni terreni sequestrati su ordine della Procura di Santa Maria Capua Vetere (CE) presentammo una denuncia, come associazione, nell'ottobre del 2011. Il 23 gennaio di quest'anno è stata fatta richiesta di archiviazione, da parte della Procura di Sala Consilina, del procedimento.

Non facciamo commenti. Tuttavia, ci preme dire che presenteremo opposizione alla richiesta di archiviazione, per i motivi che diremo nella parte finale.

Chiediamoci infatti su quali basi si fonda l'affermazione "contrariamente a quanto asserito dagli organi di stampa tali rifiuti non sono da classificare quali speciali pericolosi tossici e/o nocivi bensì quali speciali non pericolosi" che ritroviamo nelle indagini effettuate a Sala Consilina. Sembrerebbe su di una comunicazione dell'ARPAC del 2006. E però, l'operazione Chernobyl, terminata nel luglio del 2007, porta a galla dei fatti che non sono così consolatori (vedi ampio resoconto su Il Mattino, nella rassegna stampa del Ministero della Salute). Innanzitutto, nell'agosto del 2007, la stessa Procura di Santa Maria Capua Vetere spediva ai sindaci dei Comuni di Sant'Arsenio, San Pietro al Tanagro, San Rufo e Teggiano una comunicazione, presente nel fascicolo, in cui si chiedeva alle Amministrazioni competenti la bonifica dei terreni, “attesa l’estrema pericolosità derivante dalle attività criminali accertate in tema, in particolare, di smaltimento illecito di rifiuti”. Sulla base di ciò e di quanto ci racconta Rosaria Capacchione (vedi articolo pubblicato su Il Mattino nel luglio 2007 e riportato sotto), chiederemo che vengano acquisite le risultanze dell'operazione Chernobyl, che riguardano - evidentemente - anche i terreni di cui ci parlava Salvatore Medici nel suo pezzo dal titolo "Chernobyl, l'inquinamento nel Vallo e i cittadini. Qualcosa non funziona". Naturalmente, faremo opposizione alla richiesta di archiviazione perché, sulla base delle risultanze dell'operazione Chernobyl, si effettuino nuove indagini volte a capire se, effettivamente, la comunicazione dell'ARPAC sia, in ordine temporale, successiva a tutti gli smaltimenti illeciti (che sono pari a 980.000 tonnellate in totale) individuati dalla Procura di Santa Maria Capua Vetere nel corso della lunga inchiesta portata avanti dal Procuratore Donato Ceglie in un'altra provincia della Campania.

«Rifiuti tossici, Campania come Chernobyl» 
Smaltimento fuorilegge dei fanghi, scorie utilizzate come concime: 38 arresti, sequestrati 4 depuratori 

di ROSARIA CAPACCHIONE 

Veleno usato come concime. Cromo esavalente, una delle sostanze tossiche tra le più pericolose e insidiose, mischiato al terreno agricolo, quello sul quale vengono poi coltivati gli ortaggi, le verdure, la frutta. Un attentato alla salute, paragonabile solo al disastro ecologico provocato dal scoppio del reattore di Chernobyl, consumato per oltre due anni da affaristi senza scrupoli e da contadini compiacenti, disposti a chiudere un occhio, e anche un altro, sulla vera natura di quel concime in cambio di poche manciate di soldi. Da due anni, con una progressione sconvolgente: prima in provincia di Caserta - soprattutto il litorale domiziano e l’agro aversano - e poi nel resto della regione. Il cimitero segreto delle scorie industriali è ora nelle campagne dell’agro nocerino-sarnese, nelle buche scavate lungo il tracciato di un metanodotto, nella piana del Sele, al confine tra Benevento e Avellino, in provincia di Foggia, nel Calore. E nelle falde freatiche di quasi tutta la Campania. Sconvolgenti i risultati del monitoraggio fatto dai carabinieri del Noe di Caserta e Salerno. Un’indagine sul campo, documentata da centomila intercettazioni telefoniche, da foto e filmati, da sequestri fatti nel corso dell’inchiesta. Che all’alba di ieri ha portato a trentotto arresti: i gestori degli impianti di compostaggio che distribuivano i veleni ai contadini, i titolari delle società alle quali era affidato lo smaltimento dei quattro depuratori della Campania, gli autotraportatori, gli agricoltori che hanno accettato di smaltire illegalmente quei veleni. Trentotto decreti di fermo, firmati dal pm di Santa Maria Capua Vetere, Donato Ceglie, nei quali vengono contestati i reati di associazione per delinquere, traffico illecito di rifiuti speciali e pericolosi, disastro ambientale, truffa, frode nelle forniture. In aggiunta, il sequestro delle società degli indagati e dei quattro depuratori di Cuma, Mercato San Severino, Orta di Atella e Marcianise, che però continueranno a funzionare. Ed è proprio lo smaltimento dei fanghi di depurazione la base di partenza dell’inchiesta. Scorie che, fino, agli inizi del 2006, finivano in alcuni fondi agricoli della provincia di Caserta, transitando per le società di compostaggio della famiglia Roma (l’amministratore della società è stato recentemenete condannato a sette anni di reclusione per traffico di rifiuti tossici). Gli arresti avevano fermato quel canale ma la tecnica è rimasta invariata. Altri nomi, altre ditte, grande capacità di corruzione, amicizie giuste negli uffici e nei laboratori di analisi addetti alla certificazione di qualità dell’ammendante. I fanghi che entravano nei silos di compostaggio si trasformavano, miracolosamente, in concime, con tanto di nulla osta sanitario. E ciò che non riusciva a essere riciclato negli impianti, finiva nei fiumi, il Sabato e il Calore. In qualche caso, mascherato da una colata di calce viva. Poi, l’affare nell’affare: la miracolosa trasformazione di veleno in ammendante - la stima è di un milione di tonnellate di rifiuti pericolosi trattati in maniera illegale - ha fruttato almeno cinquanta milioni di euro, oltre ai sette milioni e mezzo di evasione dell’ecotassa. Quando gli arresti e le prime condanne avevano fatto sospettare agli indagati che prima o poi potesse toccare anche a loro, ecco la ricerca affannosa di sponsor di qualità, con il tentativo di coinvolgere la Coldiretti. Avallo che però, dall’associazione di categoria, non è mai arrivato. 

Quel patto tra i nuovi avventurieri delle ecomafie 

Quattro società specializzate nel compostaggio o nello smaltimento di scorie tossiche e nocive. Quattro depuratori, destinati per legge al trattamento delle acque reflue. E un manipolo di affaristi, disposti a tutto pur di guadagnare il più possibile dai rifiuti, soprattutto se altamente pericolosi. Un patto infernale, stipulato sulla pelle di milioni di persone ignare - gli abitanti della Campania e della vicina Puglia - sulle cui tavole sono finiti, per anni, generi alimentari corrotti alla fonte. Dietro, nuovi avventurieri delle ecomafie e vecchi nomi che tornano, come quello di Agizza (e del socio Romano), parente di quell’Agizza che negli anni Novanta fu coinvolto nelle grandi inchieste anticamorra sui clan Nuvoletta e Alfieri. È lui a interessarsi del rilascio dei certificati di comodo, firmati dalla Ecoricerche di Capua, che devono attestare la non pericolosità dell’ammendante prodotto. E per questo si rivolge a un amico, Salvatore Romano. È sempre lui, testimoniano le intercettazioni telefoniche, a mettere a posto le carte, disponendo la falsificazione dei Fir che certificavano il conferimento legale dei fanghi prodotti a Cuma alla società specializzata nel trattamento. È sempre lui, dicono le trascrizioni delle telefonate, a seguire l’iter giudiziario delle società consorelle coinvolte in indagini e sequestri. Alla stessa tavola, il gestore del depuratore di Cuma - Raffaele Pianese, arrestato ieri mattina - e un chimico, Michele Staiano. Ma soprattutto gli imprenditori del settore, coloro i quali gestivano gli impianti di compostaggio e le ditte incaricate di trasportare i fanghi di depurazione nei silos, e poi nelle campagne scelte per l’occultamento dei rifiuti che nessuno aveva voluto. Tra questi, i fusti di materiale non identificato di cui si parla in una delle telefonate intercettate. Bidoni, forse provenienti dall’estero, che potrebbero essere sepolti nella zona di Mercato San Severino, dove ieri i carabinieri li stavano ancora cercando. L’indagine individua quattro direttrici lungo le quali avveniva l’attività di smaltimento illegale. La prima riguarda le province di Napoli e di Caserta, dove tutto ruota attorno alla società Naturambiente e all’impianto di depurazione Espeko di Cuma, dove illegalmente finivano i rifiuti delle navi ormeggiate del porto di Napoli, di lidi balneari, degli ospedali. La seconda direttrice riguarda la provincia di Salerno, e passa attraverso la Sorieco di Mercato San Severino: lì avveniva la trasformazione «miracolosa» dei fanghi dei quattro depuratori in compost. La società era stata sequestrata lo scorso anno, nelle more subentra la Frama di Ceppaloni: quella della provincia di Benevento è la terza direttrice. La società rileva e smaltisce (nei terreni e nei fiumi) i rifiuti della «cugina» Sorieco. La quarta direttrice arriva fino alla provincia di Foggia, estensione dei territori inquinati sempre da Sorieco e Frama. 
IL MATTINO 5 LUGLIO 2007

domenica 10 febbraio 2013

L’Italia bella… che se ne va [1].


Ha lasciato il testamento di una vita fatta di lavoro e volontariato e, ultimamente, di precariato, in quelle sottolineature sull'opuscolo sulla Costituzione Italiana che recita, al suo primo articolo, che l’Italia (si immagina quella bella) è una Repubblica democratica fondata sul lavoro. Si dice, nello stesso opuscolo, che la sovranità appartiene al popolo; poi, a pensarci bene, dopo le “porcate” fatte sulla legge elettorale, non più tanto.

Questa Italia bella se ne sta andando: lascia per sempre il destino della propria Patria in mano a gente più rotta all'intrallazzo, alla furbizia, all'arrivismo condito d’ignoranza, al tradimento, al vilipendio delle idee, alla crassa soddisfazione delle proprie voglie, alla volgare ostentazione della ricchezza, alla crapula, alla sosta senza fine davanti alla “lanterna magica” casalinga, all'abbandono della lettura, all'evasione, alla corruzione, alla criminosa organizzazione per soggiogare il prossimo.

Della bella Italia avremo sempre più bisogno, proprio perché la Casta sta tentando di spolpare quello che resta dei nostri beni. Pezzi delle nostre terre, pezzi dei nostri averi, pezzi della nostra Storia immolati sull'altare della cattiva politica, che tutto permea, tutto corrompe, tutto divora. Il nostro ambiente, la nostra salute, i nostri figli e nipoti sono stati dati in pasto ad una classe dirigente che, ancora oggi, imperterrita, sta tentando di perpetuarsi attraverso “nuove” sigle e “nuove” idee. Naturalmente, l'idea della Casta è sempre una: rimanere nella cabina di comando per continuare a corrompere e a divorare quello che resta della nostra bella Italia.

Ma come non riconoscerli quando, nascosti dietro una figura di comodo, dirottano soldi pubblici sulle loro imprese. Come non accorgersi che, quando si chiudono a branco, stanno fiutando un nuovo affare. Come non capire che sono famelici come lupi, spietati come iene, attenti come falchi, rapidi come avvoltoi nel lanciarsi sulle prede. E proprio per queste belle proprietà si propongono, di volta in volta, ora qua ora là, per farsi scegliere da un’Italia ingenua. I loschi affari che portano avanti, a volte anche fatti di morte e sofferenza per gli altri, hanno bisogno della loro permanenza nelle cabine del comando. E noi a mandarceli in quelle cabine… mentre la bella Italia se ne sta andando; un pezzo per non tornare mai più.

  

[1] Tributo a Giuseppe Burgarella, lavoratore precario suicida nel giorno 3 febbraio dell’anno 2013. In un intervento pubblico Giuseppe aveva detto: “Dobbiamo suicidarci tutti per fare capire quanto grave sia la crisi che stiamo vivendo?”. Notizia tratta da Il Fatto Quotidiano.